Silvia Tagliavia, Un’antica copia di un catalogo dei codici pergamenacei dell’Abbazia di Reichenau fra le carte dell’Archivio Diocesano di Palermo

 

Un catalogo di manoscritti privo di intestazione ed apparentemente senza riferimenti espliciti alla sua provenienza è stato studiato coll’intento di ristabilirne il vincolo archivistico.
Lo studio, a partire da una accurata trascrizione, dalla identificazione degli aspetti materiali del documento (natura della carta, dimensioni,
mise en page, filigrana) e dai suoi contenuti, ha permesso di rinvenire, nelle annotazioni ai testi catalogati, alcuni elementi che hanno ricondotto il catalogo alla biblioteca della abbazia benedettina di Reichenau, una delle più importanti biblioteche tre il IX ed il XIV secolo.L’identificazione è stata suffragata dal confronto delle descrizioni dei codici nel catalogo di Palermo con quelle presenti nei numerosi studi sulla biblioteca di Reichenau e dal confronto diretto tra il catalogo di Palermo e le riproduzioni digitali di altri antichi cataloghi manoscritti conservati nello StiftArchiv di San Gallo, nella BLB e nel GLA di Karlsruhe.
La ricerca, alla luce dei dati raccolti, ha permesso di datare il catalogo di Palermo tra il 1791 ed il 1803 e di identificarlo come una copia, redatta nell’area della stessa biblioteca, del
Catalogus Manuscriptorum membranaceorum Bibliothecae Augiae divitis renovatus et auctus 1791 da p. Johann Nepomuk Beck, una copia del quale si trova nella Badischen Landesbibliothek di Karlsruhe.
Non è stato possibile identificare il motivo né il latore del documento tra le carte dell’ASD di Palermo. L’articolo si limita a formulare alcune ipotesi che, sviluppate e verificate, potrebbero aggiungere altri tasselli alla conoscenza dei rapporti degli studiosi palermitani della seconda metà del settecento con l’ambiente culturale europeo a loro contemporaneo.

 

Parole chiave: Reichenau. Archivio Storico Diocesano Di Palermo. Karlsruhe. Johann Nepomuk Beck. San Martino delle Scale. Salvatore Garampi. Salvatore Maria De Blasi. Isidoro Bianchi. Gabriello Lancellotto Castelli. Augia Major

 

Silvia Tagliavia, (Palermo 1977), laureata in Lettere Classiche all’Università degli Studi di Palermo, con una tesi su Elementi per la forma urbana di Mazara nell’antichità., ha conseguito il diploma di Archivistica, Diplomatica e Paleografia alla Scuola dell’Archivio di Stato di Palermo.Ha conseguito il Master universitario di II livello su Libro, Documento, Patrimonio Antropologico. Conservazione, catalogazione, fruizione all’Officina di Studi Medievali di Palermo.
Ha curato la voce Mattia Corvino per il Dizionario enciclopedico dei pensatori e dei teologi di Sicilia. Dalle origini al sec. XVIII in corso di pubblicazione su progetto della Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia.

Manuela Randazzo, Gli Opuscoli di autori siciliani di Salvatore Maria Di Blasi. Un’immagine della Sicilia intellettuale della fine del sec. XVIII

 

 

 

Salvatore Maria Di Blasi (1719-1814) – siciliano, abate di San Martino delle Scale, antiquario, storico, bibliofilo, intellettuale poliedrico e dai molteplici interessi – fu il fondatore degli Opuscoli di autori siciliani e della successiva Nuova raccolta di Opuscoli, una delle prime e più importanti riviste sorte in Sicilia nel Settecento. Il suo intento non fu soltanto quello di favorire e far conoscere i letterati siciliani, ma soprattutto promuovere quanto di più alto e innovativo l’isola manifestasse a livello letterario, storico e artistico, fornendo così ai letterati italiani e stranieri un’immagine del fermento culturale in atto in Sicilia. La rivista ebbe un’ampia diffusione, grazie ad un vivace clima culturale di respiro europeo e a un canale di distribuzione molto ampio e articolato, che vedeva impegnato lo stesso Di Blasi, molti librai attivi nelle principali città italiane e, in alcuni casi, gli stessi abbonati alla rivista, siciliani e italiani, con i quali egli ebbe una fitta e costante corrispondenza epistolare. Ancora oggi, gli Opuscoli e il loro fondatore possono essere considerati lo specchio della qualità e della ricchezza del dibattito culturale siciliano nel Settecento e una delle espressioni più alte di europeismo manifestate dalla Sicilia, un secolo prima che queste apparissero concretamente.

 

 

 

Parole chiave: Sicilia, Settecento, Riformismo, Cultura, Europeismo

 

 

 

Manuela Randazzo, (Palermo 1984), nel 2007 ha conseguito presso l’Università degli Studi di Palermo la Laurea Triennale in Lettere Classiche e nel 2011 la Laurea Specialistica in Scienze dell’Antichità (curriculum Storia Antica e Archeologia), con una tesi di Archeologia Cristiana dal titolo “Monachesimo egiziano. Analisi degli apparati decorativi pittorici: gli esempi dei monasteri di Saqqara, Bawit e Sohag”. Nel 2013 ha conseguito presso l’Officina di Studi Medievali di Palermo il Master di II livello in “Libro, documento e patrimonio antropologico. Conservazione, catalogazione, fruizione”. Nel 2014 presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Archivistica e Diplomatica ha conseguito il Diploma di Archivistica. Collabora presso la biblioteca Torres di Monreale all’edizione critica degli scritti della beata Pina Suriano di Partinico. Attualmente è borsista presso il Centro Universitario Cattolico di Roma.

 

Giulia Scandaglia, O Antioche, cur decipis me? Lettura di CB 97

 

Viene proposta una lettura di CB 97 (O Antioche, cur decipis me?), mediante la quale si mettono in evidenza le peculiarità linguistiche, stilistiche e tematiche del testo, sia attraverso l’analisi dello stesso, sia attraverso il suo confronto con il romanzo da cui trae spunto, l’Historia Apollonii regis Tyri. Sebbene la poesia si discosti dall’idea tradizionale che si ha dei CB, rientrando in quel sottogruppo di carmi che potrebbero essere definiti “mitologici”, si cerca di dimostrare che essapuò inserirsi appieno all’interno della raccolta; è infatti attraverso l’antico e il tradizionale che il carme riesce a rendere perfettamente il senso dell’amore e della vita e ancora il gioco mutevole della sorte, non attraverso la descrizione della stessa ma con un abile uso delle parole, della loro musicalità e disposizione all’interno di ogni singolo verso.

 

Parole chiave: CB 97, Carmina Burana, Historia Apollonii regis Tyri, Apollonio di Tiro

 

Giulia Scandaglia, (Palermo 1987), dopo aver conseguito la licenza liceale presso il Liceo Classico Internazionale Statale “Giovanni Meli” di Palermo, si è laureata in Lettere Classiche nel 2011, con una tesi dal titolo Il giuramento in Grecia: storia del termine ὅρκος dalle origini sino al V sec. a.C. (relatore il prof. Franco Giorgianni) e ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze dell’Antichità (Curriculum di Filologia e Letterature classiche) nel 2014 con una dissertazione di laurea in Letteratura Latina Medievale dal titolo I «Gesta Apollonii».Un episodio della fortuna della «Historia Apollonii regis Tyri» nell’Alto Medioevo (relatore il prof. Armando Bisanti). Ha attualmente in corso di elaborazione l’edizione con traduzione e commento dei Gesta Apollonii.

Filippo Salamone, Armeni nel Casale Jatini? Alcune riflessioni su un privilegio del XIII sec.

 

Oggetto di studio del presente contributo è un privilegio emanato dalla cancelleria arcivescovile di Monreale nel 1258. Tale documento, la cui esistenza era già stata segnalata nel 1995 dallo studioso Gioacchino Nania, suggerisce la presenza di una comunità di armeni nella Valle dello Jato; un dato, questo, che arricchirebbe la stratigrafia storica di quest’area sud-orientale dei Monti di Palermo e dominata dal Monte Jato. In questa sede, al tentativo di ricostruire i presupposti storici utili per avanzare un’ipotesi di interpretazione del privilegio, segue un approfondimento e uno sviluppo delle riflessioni di Nania.

 

Parole chiave: Armeni, Monte Jato, Federico II, Monreale, Gioacchino Nania

 

Filippo Salamone, (Palermo 1981), laureato nel 2008 in Lettere Classiche, con tesi in Archeologia, presso l’Università degli Studi di Palermo, nel 2014 consegue il diploma in Beni Archeologici presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e la Seconda Università. Diplomato presso l’Archivio di Stato di Palermo in Archivistica, Paleografia e Diplomatica. Tra il 2007 e il 2011 ha partecipato alla missione congiunta delle Università di Palermo e Amburgo a Marsala per le campagne di schedatura e studio dei materiali archeologici. Con il Gruppo Archeologico Valle dello Jato ha preso parte alle campagne di scavo presso Monte Jato, nell’area nota come “Castellaccio”, e allo studio dei reperti ceramici ellenistico-romani rinvenuti durante le campagne di ricognizione archeologica nella Valle dello Jato. Attualmente è membro del Gruppo di Ricerca (direzione Prof. Serenella Ensoli) della Missione Archeologica a Cipro, Progetto del Ministero degli Affari Esteri (MAE), – fondi Libia (Cirene) –, dal titolo: Ptolemaica. Cirene e il Mediterraneo orientale.

Luigi Pedroni, Santa Sofia e la ricerca di reliquie nell’ideologia di Arechi II

 

In questo articolo vengono affrontate le motivazioni ideologiche della collezione di reliquie raccolta dal duca/principe Arechi II di Benevento nella chiesa di Santa Sofia. Da un lato, le reliquie sembrano scelte sulla base delle esigenze di autoaffermazione politico-diplomatiche; dall’altro, la selezione risponde a criteri confacenti ad un contesto ideologico e religioso incentrato sull’idea della sapienza divina e sui suoi aspetti solari.

 

Parole chiave: Santa Sofia, Arechi II, Benevento, reliquie, sapienza

 

Luigi Pedroni, storico dell’antichità ed archeologo classico, è stato Killam Postoctoral Fellow presso la University of British Columbia (Vancouver, Canada), e Forschungsassistent presso l’Università di Innsbruck (Austria). Attualmente è Visiting Professor presso la Lithuanian University of Education (Vilnius). Ha al suo attivo un centinaio di pubblicazioni scientifiche. Ha condotto scavi nel Lazio, in Campania e a Pompei. Attualmente dirige scavi nella città romana di Telesia (BN).

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