Daniela Patti, La facies rupestre nella Sicilia centrale: aspetti metodologici e prospettive di ricerca.

L’habitat rupestre è un elemento distintivo del paesaggio mediterraneo. Si tratta di un fenomeno globale di lunga durata che ha attraversato differenti civiltà e va indagato in tutti i suoi aspetti: tipologici, funzionali, ambientali, attraverso uno studio integrato di ambito territoriale. Diversamente alle altre regioni dell’Italia centro-meridionale, la Sicilia, soprattutto quella centrale, a dispetto della rilevanza dei numerosi insediamenti rupestri in alcune aree, ha suscitato un interesse discontinuo, limitato alle necropoli preistoriche e protostoriche ed ai luoghi di culto. Numerose sono le problematiche connesse ad una ricerca sistematica, sia dal punto di vista metodologico, ma anche dovute alle difficoltà di attivare opportune sinergie istituzionali, necessarie in ricerche di questo tipo.
La catalogazione archeologica completa delle unità rupestri tramite un GIS resta l’obiettivo primario da raggiungere. Si tratta di uno studio lungo e complesso che, oltre ad assicurare una corretta interpretazione storica di tale patrimonio potrebbe anche diventare motivo di sviluppo per l’intero territorio.

 

Parole chiave. Archeologia, habitat rupestre, tarda antichità, Medioevo, GIS

Daniela Patti (Catania 1973), laureata cum laude in Lettere classiche, indirizzo archeologico, presso l’Università degli Studi di Catania, ha conseguito presso la stessa Università il Dottorato di Ricerca. E’ ricercatore di Archeologia Cristiana e Medievale presso l’Università Kore di Enna. Ha condotto diverse ricerche, soprattutto nell’area centro-nord del territorio ennese, privilegiando le tematiche relative alla storia degli insediamenti tardoantichi e altomedievali con particolare riferimento alle problematiche connesse alla ricerca archeologica relativa all’habitat rupestre. Ha partecipato a diversi convegni e campagne di scavo, anche in missioni estere, occupandosi in particolare degli aspetti della gestione dell’informatica applicata all’archeologia. Attualmente si occupa dello studio dei santuari cristiani nell’ambito di un Progetto di Ricerca finanziato dal MIUR in qualità di Responsabile dell’Unità di Ricerca Locale dell’Università Kore di Enna. Oltre a numerosi contributi apparsi in Atti di convegni e riviste specializzate, ha pubblicato diversi volumi monografici sul territorio ennese. Collabora a progetti di ricerca dell’Officina di Studi Medievali ed è componente della redazione di “Mediaeval Sophia”.

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Ida Zilio-Grandi, Fede e libertà nel Corano

 

Questa comunicazione presenta il pensiero coranico sulla libertà o meno circa la fede; verte in particolare sul contenuto del Libro sacro dell’Islam, e non sulla successiva elaborazione teologica, che dal Libro può discostarsi. Nella fede si individuano un aspetto soggettivo e un aspetto oggettivo: il primo aspetto riguarda l’adesione e il consenso personale del credente con le conseguenti condizioni di quieta serenità e salda speranza di salvezza; il secondo riguarda Dio, gli angeli, i Libri, gli inviati e la fine del mondo con la resurrezione. Vincolo che lega il credente a Dio ma anche Dio all’uomo e all’intero creato, la fede, secondo il Corano, non è nemica della ragione né ad essa estranea; al contrario, proprio l’esercizio dell'intelletto sa indurre la fede, e rafforzarla sanando le perplessità. Se, in generale, nelle tradizioni ebraica e cristiana la fede è soprattutto un atto libero dell’uomo pur garantito dalla grazia, il pensiero coranico è assai più deciso: l’uomo è comunque determinato alla fede oppure all’empietà perché “tutto viene da Dio” e “Dio fa quel che vuole”.

Parole chiave. Corano, ragione, grazia, determinismo, volontarismo divino

Ida Zilio-Grandi insegna lingua e letteratura araba nell’Università di Venezia “Ca’ Foscari”. Si occupa prevalentemente di letteratura araba di ispirazione islamica, specialmente medievale, di esegesi coranica, di rapporti tra musulmani e cristiani arabi in età classica. Tra le sue principali pubblicazioni recenti, Il Corano e il male, Einaudi, Torino 2002; Una corrispondenza islamo-cristiana sull’origine divina dell’Islam (con S. Khalil Samir), Einaudi, Torino 2004; Il viaggio notturno e l’ascensione del Profeta nel racconto di Ibn ‘Abbās, Einaudi, Torino 2010 e Il Corano (trad. completa e note alle sure 23-45), Mondadori, Milano 2010.

 

Paolo Trianni, Tra secolarità, paradosso, dialogo e fondamentalismo: l’identità religiosa nel mondo mediterraneo

La Sicilia è una terra nella quale cristianesimo, ebraismo ed islam si sono incrociati da secoli. Da questo punto vista la regione ha anticipato le recenti ondate migratorie, le quali impongono di tornare a riflettere sull’importanza storica del dialogo interreligioso. Qust’ultimo non può prescindere dall’analisi critica dell’identità religiosa che, nell’indagarsi, scopre paradossalmente la sua dipendenza dalla cultura e dall’esperienza religiosa dell’altro. L’articolo muovendo dal dichiarazione del Concilio Vaticano “Nostra aetate” analizza appunto i rapporti tra le tre principali religioni che si affacciano sul Mar Mediterraneo.

Parole chiave. Dialogo interreligioso, Nostra Aetate, fondamentalismo, Charles Taylor, relativismo religioso

Paolo Trianni, già docente all’Istituto di Studi Interdisciplinari su Religioni e Culture della Pontificia Università Gregoriana, insegna al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo e collabora con la cattedra di Storia del pensiero teologico dell’Università di Roma Tor Vergata. Insegnante del Master universitario di I livello in “Mediazione culturale e religiosa” e coordinatore della Summer School in “Dialogo interreligioso e sviluppo dei popoli” organizzati dall’Accademia di Scienze Umane e Sociali (Asus) di Roma, è membro dell’editorial board della rivista telematica internazionale Dilatato Corde, e nel comitato scientifico della rivista Uni-versum. Autore di svariate curatele ed articoli di carattere filosofico e teologico, studia in particolare il confronto metafisico e spirituale con le culture religiose dell’India, tra le sue pubblicazioni si ricordano: Il monachesimo non cristiano, (Seregno 2008); Henri Le Saux osb (Swami Abhishiktananda). Un incontro con l’India (Milano 2011); Il Cristo di tutti. Teilhard de Chardin e le religioni (di prossima pubblicazione).

 

Luciana Pepi, Fede e libertà nell’ebraismo

L’uomo nell’ebraismo, come nel cristianesimo e nell’islam, è concepito come creatura di Dio e non come essere autonomo e indipendente. È un “essere in relazione”. Anche la sua libertà è concepita all’interno della relazione con Dio ed in particolare con la “parola di Dio”, la Torah. L’ebraismo, in tutte le sue forme, dal pensiero rabbinico a quello qabbalistico, sostiene con fermezza il libero arbitrio. La fede ebraica, come è noto, si manifesta soprattutto con le opere, le azioni, tanto da essere definita come “ortoprassi”. Il giudaismo, come si forma nei primi secoli dopo la distruzione del tempio, si presenta come una religione essenzialmente pratica, dedita non a definire un insieme di credenze teoretiche, quanto un insieme di atti (i precetti, in ebraico mitzwot) che l’ebreo deve compiere per vivere rettamente. L’osservanza delle mitzwot è elemento centrale della fede. La riflessione rabbinica, come quella filosofica, evidenzia come senza libertà tale osservanza non avrebbe senso. Il rapporto tra osservanza dei precetti e libertà è stato esplorato da diversi punti di vista, costituendo uno dei temi principali del pensiero ebraico di tutti i tempi.

Parole chiave. Ebraismo, fede ebraica, filosofia ebraica.

Mons. Domenico Mogavero, Liberi di credere. Credere per essere liberi. Un ponte fra le religioni: fede e libertà nel cristianesimo

 

Il testo mira a chiarire il nesso tra fede e libertà attraverso una rassegna di testi che propongono la prospettiva cattolica del tema, senza trascurare il riferimento ad autori non strettamente legati al pensiero teologico. L’analisi tocca l’angolatura interreligiosa, chiamando in causa il diritto alla libertà religiosa e le sue implicanze nei rapporti, talora assai problematici, tra cattolicesimo e islam. Un cenno viene fatto anche a proposito dell’invocata reciprocità, assunta quale preteso correttivo all’esercizio effettivo del diritto fondamentale alla libertà religiosa. Tra le righe si intravede il richiamo alla centralità del Mediterraneo, culla delle tre religioni monoteistiche, e di conseguenza spazio di un umanesimo fondato sull’accoglienza, sul dialogo, sulla condizione solidale.

Parole chiave. Fede, libertà, libertà religiosa, Mediterraneo, dialogo interreligioso.

Mons. Domenico Mogavero, nato nel 1947, ordinato presbitero nel 1970, ha conseguito il dottorato in diritto canonico presso la Pontificia Università Lateranense. Ha insegnato diritto canonico presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia, della quale è stato anche vice preside. Dal 2011 al 2007 è stato sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana. Dal 2007 è Vescovo di Mazara del Vallo. Attualmente è membro della Commissione episcopale della CEI per le migrazioni. Autore di numerosi articoli di diritto canonico, nel 2011 ha pubblicato il libro-intervista La Chiesa che non tace (BUR, Rizzoli Corriere della Sera), e come coautore il volume Prodotto interno mafia (Einaudi).

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