Luigi Capitano, Dirò de l’altre cose…

La terza terzina proemiale della Divina Commedia («ma per trattar del ben ch’i vi trovai, / dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte») è stata spesso interpretata come un’allusione all’imminente incontro di Dante con Virgilio, dopo l’apparizione delle tre fiere simboleggianti i vizi capitali. Il passo ha generato tuttavia ben presto non poche perplessità presso gli stessi dantisti. L’ipotesi avanzata in questo saggio è che si possa trattare di una chiave cifrata del «poema sacro», di un primo criptato accenno alle «superne cose». Di qui l’occasione per rileggere l’intera ontologia dantesca alla luce di una terza via fra esoterismo e allegorismo. Si dischiude così la prospettiva di un’ermeneutica ‘immaginal-archetipale’, sulla scorta degli studi di Corbin e nel solco solo in parte già tracciato dai maestri della scienza sacra.

Parole chiave: Dante Alighieri; ontologia dantesca; esoterismo; allegorismo.

Luigi Capitano (Santo Stefano Quisquina 1963) è Dottore di Ricerca in Filosofia con una tesi su Leopardi e la genealogia del nichilismo (Palermo 2010; premio speciale «Franco Foschi», Recanati 2012). Ha collaborato a varie riviste («Giornale di Metafisica», «Il Pensiero», «Dialegesthai», «La vita pensata», «Rivista Internazionale di Studi Leopardiani»), oltre che all’ultimo volume dell’opera diretta da Giorgio Penzo, Filosofie nel tempo. Percorsi monografici, Roma 2007. Attualmente insegna Filosofia e Storia presso l’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore «Luigi Pirandello» di Bivona (AG).

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