Fabio Cusimano, “Infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda est”. Le vicende della Farmacia dell’Abbazia di San Martino delle Scale.

 

Il contributo ha come oggetto la cinquecentesca Farmacia dell’Abbazia di San Martino delle Scale (Palermo). Si ripercorrono brevemente le orme a partire dai commenti di illustri viaggiatori stranieri in Sicilia tra XVIII e XIX sec., incrociando i loro resoconti di viaggio con la Chronica del Monastero; si ricostruisce poi la storia della Farmacia a partire da diverse fonti d’archivio (conservate presso l’Archivio Storico di San Martino e l’Archivio di Stato di Palermo) e da pubblicazioni del XVIII sec., facendo emergere il legame tra la tradizione benedettina della cura degli infermi e la tradizione della coltivazione dei “semplici”, insieme alla tenuta di erbari ex siccata. Il quadro storico tracciato termina con il processo di dispersione del patrimonio della Farmacia: tali vicende si intrecciano col sopravvivere della Colonia Agricola istituita a San Martino e con l’accrescimento delle collezioni dell’allora regio Museo Nazionale. Chiude la ricostruzione storica un’appendice con fotografie degli affreschi che adornano la Farmacia, insieme ad una fotografia del chiostro della clausura (l’antico giardino dei semplici) e ad altre di un antico erbario martiniano.

 

Parole chiave: San Martino delle Scale, monachesimo benedettino, Regola di S. Benedetto, erboristeria, erbari.

 

Fabio Cusimano (Palermo 1980) si laurea in Lettere Moderne (vecchio ordinamento) con lode a Palermo nel 2003 (relatore il Prof. A. Musco, co-relatore il Prof. D. Ciccarelli); nello stesso anno frequenta la Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica dell’Archivio di Stato di Palermo. Nel 2007 consegue la Laurea Magistrale in Informatica per le Discipline Umanistiche presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia (con una tesi sperimentale svolta presso l’Istituto per le Tecnologie Didattiche del CNR di Palermo). Attualmente frequenta il Master di I Livello in I mestieri del libro e del documento: conservazione, fruizione, restauro, catalogazione e nuove tecnologie editoriali organizzato dall’Università di Palermo e dall’Officina di Studi Medievali. Da Aprile 2008 è iscritto con borsa di studio al Dottorato di Ricerca in Tradizioni e istituzioni religiose di ambiente circum - mediterraneo. Storia, Letteratura, Diritto presso l’Università di Messina. Collabora con le riviste «Schede Medievali», «Mediaeval Sophia», «Benedictina».


Leo Di Simone
, Bellumvider. Spiritualità cistercense e arte sveva

 

Lo studio propone una rilettura del rapporto tra spiritualità ed arte nel periodo storico che ebbe nelle figure di Bernardo di Chiaravalle e di Federico II di Svevia i suoi due massimi rappresentanti, nell’ottica di una precisa ermeneutica che lega cristianesimo e cultura. Si sostiene che la teologia simbolica di Bernardo, da un punto di vista estetico, si pone a fondamento della nascita dell’architettura cistercense. Essa è cresciuta nel rispetto delle dinamiche di acculturazione, con il sapiente utilizzo dei materiali e delle tecniche di costruzione del tempo, estrinsecandosi in polo di inculturazione per via della proposta estetica della semplicità, della funzionalità, dell’autenticità che, rendendo estremamente visibili muri e strutture, dava risalto all’armonia ed alla bellezza delle forme. Federico II di Svevia, da parte sua, con il naturale intuito simbolico che lo contraddistingueva, utilizzò i simboli dell’architettura cistercense, allegorizzandoli e trasformandoli in un vero e proprio instrumentum regni. Bernardo e Federico furono, pertanto, due sognatori di città ideali: entrambi artefici di un preciso progetto di trascendenza cui, tuttavia, seppero guardare da prospettive diverse.

 

Parole chiave: Benedetto da Norcia, Bernardo di Chiaravalle, spiritualità cistercense, Federico II di Svevia, inculturazione, architettura castellare.

 

Leo Di Simone (Castelvetrano 1953), è presbitero della Diocesi di Mazara del Vallo, dove dirige l’Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici e l’Ufficio Liturgico Diocesano. Laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Palermo, ha compiuto gli studi teologici presso la Pontificia Università Gregoriana e poi ha conseguito il dottorato in Liturgia presso il Pontificio Ateneo S. Anselmo di Roma. È impegnato nell’insegnamento presso la Facoltà Teologica di Sicilia, l’Istituto di Scienze Religiose di Mazara del Vallo e l’Istituto Teologico di Scutari (Albania). Tra le sue recenti pubblicazioni, si segnalano: Arte normanna in Sicilia: proiezione simbolica di modelli teologico-politici, in La Legazia Apostolica. Chiesa, potere e società in Sicilia in età medievale e moderna, Caltanissetta-Roma 2000; un vasto studio dal titolo Liturgia secondo Gesù. Originalità e specificità del culto cristiano per il ritorno a una liturgia più evangelica, Panzano in Chianti (Fi) 2003; Vexilla Regis. La Croce dipinta di Mazara del Vallo. Icona pasquale della liturgia, Panzano in Chianti (Fi) 2004; Beato Angelico. L’Estetica del Verbo incarnato, Panzano in Chianti (Fi) 2004; Trasfigurazione. Teologia, Iconografia e Iconologia, in Trasfigurazione, la Basilica Cattedrale di Mazara del Vallo. Culto Arte e Storia, Mazara del Vallo 2006. E-mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..


Igor Gelarda,
Palermo paleocristiana. Fonti documentarie e testimonianze archeologiche

 

Le testimonianze documentarie e archeologiche del paleocristianesimo palermitano, esigue e molto frammentarie, suggeriscono agli storici che la nuova religione si affermò in città lentamente e solo a partire dal IV secolo, probabilmente frenata, e comunque non incoraggiata, da un’aristocrazia locale prevalentemente pagana.

Nell’articolo, attraverso un’attenta analisi di tutte le fonti documentarie, archeologiche ed agiografiche a nostra disposizione relative alle comunità paleocristiane di Palermo, viene delineato un quadro, pur dai contorni tutt’altro che nitidi, dei primi quattro secoli del cristianesimo cittadino.

Sono state prese in considerazione in modo critico, e con relativo commento, tutte le fonti documentarie antiche che parlano della comunità cristiana di Palermo nella sua totalità, o di qualche suo singolo rappresentante. In ambito archeologico si è fatto un excursus sia sui siti paleocristiani ancora esistenti e tuttora individuabili, sia su quelli noti solo attraverso attestazioni documentarie, non dimenticando di trattare anche lo scarno materiale epigrafico in nostro possesso. In ambito agiografico, infine, avvalendosi anche dei più recenti contributi prodotti in tale delicato campo, sono stati presi in esame con un accurato vaglio critico le vite di quei santi che hanno in qualche modo legato le loro vicende umane alla città di Palermo.

Infine con la lettura, nella parte conclusiva del lavoro, del ricco epistolario di Gregorio Magno viene offerta la possibilità di avere un’idea più precisa dell’organizzazione della comunità cristiana cittadina a cavallo tra VI e VII secolo, osservando anche i non pochi fattori di contrasto, quasi mai dottrinario quanto piuttosto organizzativo e gestionale, tra il Pontefice ed il clero palermitano.

 

Parole chiave: paleocristianesimo, comunità, Palermo, fonti, archeologia, agiografia.

 

Igor Gelarda (Palermo 1974), si è laureato nel 2006. Dipendente del Ministero dell’Interno, attualmente è Dottorando di Ricerca in “Storia della Sicilia Antica” con una tesi dal titolo I Vandali e la Sicilia (tutor Rosalia Marino).
Tra le sue pubblicazioni: Ho incontrato l’Amore a piazza Magione - storia di dieci ospiti del convento delle Missionarie della Carità a Palermo (2004); Palermo aperta a tutti: dalla Kalsa alla Vucciria - quattro itinerari nel centro storico (2005); curatore principale degli Atti del Convegno: Arte senza barriere. Le città invisibili. Arte e disabilità edito dalla Provincia di Palermo (2007); autore, con Claudia Bardi, di una guida al turismo accessibile: Palermo passeggiata. Cinque itinerari senza barriere nel centro storico della città, Plaza Fondazione Editore (2007); curatore principale del catalogo in braille della mostra Tracce d’Oriente. La tradizione liturgica Greco-Albanese e quella latina in Sicilia, Plaza Fondazione Editore (2007); autore dell’articolo Tracce d’Oriente una mostra aperta a tutti all’interno del catalogo Tracce d’Oriente. La tradizione liturgica Greco-Albanese e quella latina in Sicilia - curato da Maria Concetta Di Natale, Plaza Fondazione Editore (2007); autore dell’articolo Sogni e Martirio nell’Africa Tardoantica (in corso di stampa su «Hormos­»).


Jean
Lauand, Los “si” semíticos y el Evangelio revisitado

 

Mentre le lingue occidentali hanno solo la particella “se”, le lingue semitiche distinguono tre casi per il condizionale: una parola per la condizione che sicuramente avverrà; un’altra parola per la condizione che non accadrà, e una terza parola per la condizione che potrebbe accadere o non accadere. Perciò, nella traduzione dei detti di Gesù noi possiamo perdere il senso (o il dettaglio) originale espresso in aramaico. Da questo punto di vista l’articolo discute la parabola del buon samaritano (Lc. 10, 30-37) e l’episodio di Zaccheo (Lc. 19, 1-10).

 

Parole chiave: interpretazione dei detti di Gesù, condizionale in arabo e nelle lingue semitiche, esegesi del Vangelo.

 

Jean Lauand è professore all’Università di San Paolo, dove insegna Storia della pedagogia medievale (FEUSP – Facoltà di Pedagogia). Dal 2002 è direttore del CEMOrOc – Centro per gli Studi Medievali Occidentali e Orientali del FEUSP. È professore all’Instituto Jurídico Interdisciplinar dell’Università di Porto e membro della Reial Acadèmia de Bones Lletres di Barcellona.

 Luca Parisoli, Antinomie et hiérarchie dans la philosophie du droit médiévale. De la dissonance des normes à l’émergence de la hiérarchie

 

Esaminando le analisi dei giuristi medievali, si cerca di mostrare come l’eliminazione delle contraddizioni deontiche apparenti faccia emergere attraverso l’interpretazione una teoria della legittimità della gerarchia come modo essenziale del governo politico e giuridico. Ne emerge una visione del diritto naturale, confortata dai testi quali il Decretum di Graziano, che non si può ridurre al modello aristotelico-tommasiano intellettualista, e che mostra punti di contatto e di dissonanza con le tradizioni giudaica e musulmana. Non solo, il volontarismo normativo conduce anche all’esito di una possibile concezione paraconsistente del mondo delle norme, ossia un mondo in cui si possono dare contraddizioni vere sino ad un nuovo atto di volizione che sciolga questa situazione. La teoria di Scoto è esaminata come l’approdo emblematico di chi ha spinto sino alle estreme conseguenze l’ontologia volontarista delle norme.

 

 

Parole chiave: teoria dell’interpretazione; contraddizione normativa; teoria paraconsistente delle norme; legittimità politica; gerarchia politica e giuridica; storia della cultura giuridica medievale; Giovanni Duns Scoto

 

 

Luca Parisoli, dopo avere insegnato all’Université Paris X Nanterre, insegna attualmente Storia della Filosofia Medievale all’Università della Calabria, dove rappresenta, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, l’Officina di Studi Medievali. Il suo campo di ricerca è il pensiero normativo − tra etica, diritto, politica, economia − della scuola francescana tra XIII e XIV secolo, e la razionalità che ne emerge tra ontologia e metafisica: un suo libro recente riguarda l’opzione di logica non-classica in Scoto, La contraddizione vera, Istituto Storico dei Cappuccini, Roma 2005, mentre è di prossima uscita il volume La Summa fratris Alexandri e la nascita della filosofia politica francescana, OSM, Palermo 2008.

});})(jQuery);